Matteo Sivero è un giovane Chef veronese che a soli 19 anni è riuscito a conquistare la sua prima stella Michelin segnando un importante traguardo da molti ambito.
Ma Matteo è molto più di questo: è un turbinio di passione e determinazione. Oggi ha 25 anni ma il suo asset è ricco di numerosissimi risultati a cui sono certa se ne aggiungeranno ben presto degli altri.
Ho avuto la fortuna di fare una chiacchierata telefonica con Matteo proprio qualche giorno fa, conoscendo uno Chef ambizioso e pieno di voglia di fare. Ingredienti fondamentali che hanno permesso un’ascesa repentina nel mondo della gastronomia.
Ma partiamo dal principio…
Chi è Matteo Sivero?
Matteo è un giovane Chef veronese classe ’95 che eredita la passione della cucina sin da piccolo grazie alle origini materne, soprattutto la sua cara nonna, sua primissima insegnante del mestiere.
A soli 19 anni conquista la sua prima stella Michelin lavorando come Chef presso l’Osteria “La Fontanina” di Verona, con la quale attualmente non collabora più per via della sua volontà di intraprendere strade e percorsi che gli permettano un’ulteriore evoluzione.
Come biasimare la scelta di Matteo che, come lui stesso poi mi dirà durante la nostra piacevolissima chiacchierata, ha ancora tantissimo da imparare ma – al contempo – l’immensa fortuna di essere riuscito a fare già tantissima strada.
Esperienza che sulle sue spalle da venticinquenne pesa il doppio e non può che essere un bene per la sua professionalità.
La sua primissima esperienza lavorativa è arrivata molto prima della stella Michelin. Potremmo dire che era ancora quasi in fasce quando si è cimentato nell’arte della pasticceria con un lavoro presso la Pasticceria Chisari che gli ha permesso di far sue tutte le basi delle tecniche della pasticceria.
È grazie alla frequentazione dell’Istituto Alberghiero presso il quale ha studiato che raccoglie numerose esperienze di stage che gli permettono di vantare un ottimo curriculum ancora minorenne.
Vedo Matteo come un ragazzo pieno di voglia di fare e un grandissimo professionista. E mi restano impresse alcune delle bellissime parole che spende lui stesso parlando di sé: “vista la mia insaziabile voglia di imparare cose nuove, durante le mie ferie ho anche lavorato nella Macelleria Bonaconza a Verona e – nel mio giorno libero della settimana – presso il Panificio Gottardi Snc.”
Tanta voglia di fare, di imparare, di migliorare. Matteo è uno di quei giovani che sa di non potersi mai definire arrivato perché nella cucina, mestiere in continua evoluzione, si imparano cose differenti ogni giorno ed è proprio questo il bello di poter far parte di questo immenso, affascinante microuniverso.
Grazie al traguardo della stella Michelin ottenuta a soli 19 anni, Matteo diventa lo Chef stellato più giovane d’Italia. Ma non è questa l’unica esperienza di cui può farsi vanto nel suo curriculum…
Una di quelle che mi salta maggiormente all’occhio, ad esempio, è la sua prestazione di servizio come Secondo Chef nel 2010 (a soli 15 anni!!!) ad una cena organizzata per il Ministro del Sudafrica in visita all’Istituto Alberghiero dove studiava.
Il curriculum di Matteo è infinito, esattamente come le sue comparse nei programmi televisivi di maggior spessore e sulle migliori testate giornalistiche. Insomma, un grande professionista che ha lavorato sodo per arrivare alle grandi soddisfazioni di oggi.
Le origini: tra Nord e Sud
Un’altra caratteristica molto affascinante della storia di Matteo riguarda sicuramente le sue origini e il modo in cui esse abbiano influito nella sua cucina.
Matteo ha la fortuna di conoscere sia la cucina del nord che quella del sud grazie al mix della sua famiglia che trae origine da un po’ entrambi i poli della penisola.
Ma è alla nonna che è maggiormente grato per le passioni tramandate che oggi si sono tramutate una professione di grande lustro.
Con estrema dolcezza ricorda – e mi permette di figurarmelo in testa come se fossi tornata indietro nel tempo in un viaggio con i suoi ricordi come destinazione – le mattine in cui, prima di andare a scuola, si svegliava alle prime luci dell’alba inebriato dagli odori della cucina della nonna che aveva già le mani in pasta e il pane in forno.
Una storia d’amore molto romantica quella tra Matteo e sua nonna e, in generale, con tutta la famiglia materna con la quale ha maggiormente convissuto.
Oggi la cucina dello Chef Sivero è proprio questo: innovazione che fonde con perfetta armonia i gusti e i sapori delle sue origini tra Nord e Sud al fine di imprimere nella memoria e mai dimenticare il mondo dal quale proviene.
Come prima anticipato, ho avuto il piacere di fare delle domande a Matteo e scoprire di più sulla sua invidiabile ascesa professionale.
Scopriamo insieme tutto ciò che mi ha raccontato…
Ciao Matteo, devo dire che leggendo di te dalla tua biografia ho avuto modo di constatare che hai davvero fatto tantissima esperienza in pochissimi anni e perciò comincio col complimentarmi con te perché hai un curriculum davvero invidiabile devo dire!
Ciao Federica, grazie mille. Beh, sì, ci ho dato dentro dai ahahahah. Diciamo che in questo lavoro ogni giorno c’è una nuova scoperta, quindi, o stai al passo e prosegui restando focalizzato sui tuoi obiettivi senza perderti le innovazioni, oppure resti indietro.
Certo, immagino. Cambia tutto giorno dopo giorno nella cucina?
Diciamo che i capisaldi restano sempre gli stessi ma ogni giorno arrivano novità e nuove proposte che non possiamo assolutamente omettere o ignorare. Poi è chiaro che tutto ciò che si impara sta al professionista decidere se riutilizzarlo così com’è, modificarlo facendolo proprio e dunque reinventandolo, oppure abbandonarlo ed evitare di riproporlo.
Matteo, mi ha molto colpito il tuo rapporto con i nonni materni. Ti va di raccontarmi qualcosa in più rispetto a ciò che ho letto?
Oltre a mia nonna, ad esempio, potrei dirti che per me è stato di grande ispirazione anche mio nonno. Perché è sempre stato un animo particolarmente generoso e credo che in cucina sia molto importante la generosità. Indipendente che si parli di cucina stellata o meno, il cibo fa sempre felici le persone. E io questo lo vedevo in mio nonno, nella sua genuinità e nei suoi modi.
Credo che il modo di fare di mio nonno nella vita sia qualcosa di estremamente indispensabile da replicare nella mia cucina al fine di trasmettere ai miei commensali tutto quello che sono tramite i miei piatti.
D’altronde, il cibo è un’esperienza. No?
Esatto. È un’esperienza ma, soprattutto, se pensiamo che per il cibo si sono combattute guerre e conquistati o distrutti popoli, è possibile immaginarne l’importanza e il ruolo che può assumere nella sfera sociale.
Ecco perché credo sia importante considerare il concetto di generosità. Perché la fame porta con sé rabbia e violenza. E invece il buon cibo riesce a creare serenità e convivialità. Se si riesce ad essere generosi tramite il cibo, si è a metà dell’opera.
E con il cibo si creano anche dei bei rapporti…
Assolutamente sì. Nell’ecosistema alberghiero, ad esempio, i miei clienti inevitabilmente diventano miei amici. Quando vengono a fare un’esperienza nel mio ristorante, conoscono me e la mia cucina ed è come se entrassero in intimità con me. È ovvio che nel tempo questo rapporto di stima tramuti in amicizia. È quello che si punta a realizzare: un clima in cui le esperienze siano condivise e costruiscano o rafforzino i rapporti umani. Il cibo è un ottimo legante.
Matteo, si dibatte spesso riguardo la cucina gourmet affermando che sia un po’ quel genere di cucina in cui c’è tanta scenografia e poca sostanza. Credo che, in Italia soprattutto, abituati come siamo a grandi tavolate familiari con porzioni abbondanti, probabilmente siamo particolarmente scettici proprio sul rapporto quantità/prezzo. Tu che dici in proposito?
Ti dico la mia opinione: in primis, prima di criticare qualsiasi cosa credo sia necessario provarla. Detto questo, è ovvio che la qualità si paga. Indipendentemente dalla cucina gourmet. Se vuoi una Ferrari paghi il marchio, dopodiché il chilometraggio effettuato è un qualcosa che dipende anche da te: è una percezione estremamente personale.
Trovo che la cucina gourmet sia sicuramente l’emblema dell’esperienza del gusto. Ovvero quello che ti concedi per sperimentare qualcosa di nuovo, che non ti capita di fare proprio tutti i giorni.
La questione del mangiare poco dipende appunto dai punti di vista. Anche perché nella cucina gourmet esistono generalmente dei percorsi degustazione che ti accompagnano dall’antipasto fino al dolce e che, nonostante le piccole porzioni, andandoli a sommare possano lasciarti molto sazio esattamente come mangiando un singolo piattone di pasta. Dipende da ciò che si cerca e da come lo si vuole.
Ciò che credo è che più andiamo avanti, più gli italiani si trovino nella condizione assolutamente naturale di superare questo scetticismo. Ci troviamo a vivere all’interno di una cultura che tiene sempre più a cuore la salute della persona e sensibilizza moltissimo l’idea di mangiare sano e bene. Non si tratta più solo di quantità e condimenti ma anche di materia prima e mentalità. Soprattutto quest’ultima.
Quindi sono del parere che più andremo avanti più sarà facile rivalutare l’idea e la percezione della cucina gourmet che è molto più di ciò che l’ideale collettivo ha costruito negli scorsi anni. Per fortuna, pian piano, si sta scolpendo e sta uscendo fuori la vera anima di questo interessantissimo mondo di cui faccio parte anch’io.
E riguardo alla situazione Covid cosa ne pensi? Nel futuro la cucina e le esperienze culinarie subiranno dei cambiamenti?
Chiaramente non possiamo sapere come e quando finirà la pandemia. Soprattutto se finirà o dovremo effettivamente imparare a conviverci. In ogni caso ciò che credo è che del cibo non smetteremo mai di avere bisogno e perciò sicuramente il mondo della gastronomia riprenderà spedito e tornerà a spiccare il volo.
La gente ha voglia di uscire, riappropriarsi della propria normalità e tornare a popolare i ristoranti. Io confido che questo possa accadere presto.
A proposito di questo difficile periodo pandemico, ho notato con mio estremo piacere che sono stati in tanti a non rinunciare all’esperienza gastronomica del ristorante pur restando a casa. Grazie al delivery è stato possibile farsi servire pranzi e cene proprio come se si fosse al ristorante. Che ne pensi?
Sì, sono stati davvero molti i clienti che si sono prodigati nel supportare i propri ristoranti di fiducia e credo che questo sia davvero un bel gesto che permetta di confermare quanto faccia la differenza l’idea che l’esperienza gastronomica debba essere a 360 gradi, ovvero nella location, nel personale, nell’accoglienza, nell’apparecchiatura, nei rapporti umani e, chiaramente, nel buon cibo.
E dimmi, Matteo, quali sono i tuoi progetti futuri?
Da buon scaramantico non ti svelo nulla di troppo perché son del parere che i progetti siano un po’ come i sogni: se li racconti poi finiscono per non avverarsi o per far succedere l’esatto opposto ahahahah.
Ti dico che ci sono tantissimi lavori in cantiere, non mi sono fermato un attimo. Nonostante la percezione da fuori di noi ristoratori possa essere quella di professionisti che attendono una riapertura a data da destinarsi, posso assicurarti che in realtà si lavora moltissimo dietro le quinte.
Quindi spero di avere presto delle risposte e soprattutto che questa situazione si sblocchi quanto prima.
Inoltre, sto lavorando a delle mie personalissime creazioni sempre in ambito gastronomico. E qui non posso proprio svelarti nulla per una questione di copyright che violerei. Spero presto di poter dire qualcosina in più a riguardo.
Ovviamente, tra i vari progetti, non può mancare quello di aprire il mio ristorante quanto prima e dar vita al mio personalissimo ecosistema gastronomico.
Ti faccio un’ultima domanda. Viste le tue origini come pasticcere, e il modo in cui racconti dell’importanza della pasticceria in cucina, hai mai pensato a un futuro in cui darai la massima priorità solo a questo mondo?
Non posso negare il debole che ho per la pasticceria. Anche perché tecniche e rigore le ho imparate proprio nella mia prima esperienza tutta a base di dolci. È pur vero, però, che sono del parere che un’esperienza gastronomica debba essere curata in ogni suo particolare, che esso sia dolce o salato.
Ecco perché mi sento di dirti che nel mio futuro non potrei mai dare l’esclusiva alla pasticceria.
Credo che sia altresì importante che si sensibilizzi sull’importanza di essere tecnici e rigorosi anche nei dolci. Questo è sottovalutato ancora oggi da molti Chef che dedicano tutta la propria attenzione alla parte salata e finiscono per considerare un po’ una cornice fatta di banalità la parte del dolce.
Credo che un’esperienza, per essere definita tale, debba essere eccellente in ogni sua parte. Dall’inizio alla fine.
Questo è sicuramente uno dei miei obiettivi: sensibilizzare i professionisti della gastronomia al fine di far comprendere loro quanto sia importante impiegare le proprie forze sia sulla parte salata che quella dolce del menù.
La pasticceria avrà sempre un pezzo privilegiato del mio cuore. È stata un po’ la mia prima storia d’amore con il lavoro, non potrebbe essere altrimenti. E sono certo che con il giusto tempo e la pazienza dovuta saprà acquisire lo spazio che merita all’interno del mio personale ecosistema gastronomico.
Lo Chef Sivero è stata una positiva scoperta per me e sono enormemente orgogliosa di averlo potuto intervistare.
Credo che Matteo sia l’esempio lampante di quanto i giovani dotati di forza di volontà e determinazione possano raggiungere importanti traguardi anche in un mondo difficile come il nostro.
Non vedo l’ora di conoscere tutti i nuovissimi progetti top secret di Matteo, proprio per questo, vi terrò aggiornati 😊
Intanto allo Chef Sivero non posso che augurare un grande in bocca al lupo per tutto!
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