Il Tarantiello è un salume di tonno ricavato dal ventre del pesce, in particolare dalla parte bassa, e conservato sott’olio. Un sapore che accarezza i sensi ed è molto più facile comprendere provandolo e non spiegandolo a parole.
L’origine del nome
Le sue origini vengono ricondotte al famoso ballo della tarantella e alla città di Taranto. Questo è un paese da sempre conosciuto per le proprie tonnare e le ventresche di tonno che è possibile ricavare grazie ai ricchi pescati.
Il tarantiello in cucina
Possiamo definirlo, in poche parole, un salame di pesce. Ma per molti è comunemente individuabile come la pancetta di pesce. Da cosa deriva l’accomunare questo prodotto all’insaccato di carne? Principalmente il sapore e la consistenza perché non c’è nulla nell’aspetto che accomuni il tarantiello al salame di maiale.
Negli anni andati, sotto forma di salume, veniva aggiunto alle varie pietanze per insaporirle. Erano i popolani i principali consumatori perché non avevano le possibilità economiche di comprare pesce fresco. Ed è da qui che nasce la denominazione di “Spezia dei poveri“. Nel medioevo, però, paradossalmente, era una delle principali pietanze delle famiglie nobili.
Il Tarantiello è un trionfo di sapore che rende un po’ speciale ogni pietanza. Chi ha la fortuna di trovarlo può, dunque, dare libero sfogo alla fantasia e cimentarsi nelle preparazioni più svariate che, una volta assaggiate, sprigioneranno tutto il sapore del mare e della tradizione.
Il suo gusto rispetto alla ventresca è più deciso e definito. Mentre, se paragonato alle altre carni del tonno, risulta più morbido.
Oggi, il suo utilizzo è calato notevolmente diventando anche difficile da reperire. Mentre, è più facile trovare sul mercato la sua versione sott’olio, ricavata dalla parte più pregiata del tonno, corrispondente al quarto più alto della pancia.
Come si produce
La ricetta risale al cinquecento e la dobbiamo a Luigi Sada che ne parola nel suo libro “Cucina pugliese di poveri”.
Secondo la ricetta, la pancia del tonno va lavata, saltata e disposta a strati in un barile, dove deve riposare per circa un mese.
Trascorso il tempo necessario, si lava e si mette ad asciugare al sole.
A questo punto va pestata nel mortaio con pepe in polvere, chiodi di garofano e buccia di limone grattugiata, stemperando con aceto di vino bianco.
Il composto ottenuto va riposto poi in una pentola con poca acqua per cuocerlo a fuoco lento fino ad ebollizione.
Una volta raffreddato, va tagliato a fette, condito con origano, olio e aceto e servito.
Se siete curiosi di assaggiare questa prelibatezza, l’occasione migliore rimane la vivacissima sagra del tarantiello che viene organizzata ogni anno nel mese di settembre nel comune di San Gennaro Vesuviano, a Napoli. La sagra si inserisce nella più ampia Fiera vesuviana, durante la quale produttori e ristoratori mettono in mostra le meraviglie del proprio lavoro.
Avete mai assaggiato questa prelibatezza tutta italiana?