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Massimo Bottura: chef stellato dallo spirito emiliano

Massimo Bottura chef stellato dallo spirito emiliano cinque gusti
Di cosa parla questo articolo

Lo chef stellato Massimo Bottura nasce a Modena ma oggi è un vero e proprio emblema della cucina italiana gourmet nel mondo.

Ed è proprio dalla sua terra che comincia il viaggio della gastronomia dello chef Bottura: un viaggio fatto di tradizione, sapori, genuinità e cura della produzione locale.

Sono i successivi viaggi in giro per il mondo ad aprirgli la mente e fargli scoprire le infinite sfumature dei sapori in cucina.

A 33 anni apre l’ormai famosissima Osteria Francescana con la quale raggiunge 3 stelle Michelin (che nel 2021 diventano quattro).

La mission dello chef Bottura

Difficilmente potrete confondervi, andando sul sito ufficiale dello chef Massimo Bottura la cucina parla una sola lingua: quella italiana (con tutte le annesse influenze e le nuove tecnologie degli studi intrapresi negli anni dallo chef in giro per il mondo).

La sua “missione” è far scoprire l’Italia in un boccone al resto del mondo. Ecco perché invita i suoi commensali a viaggiare per l’Italia con lui.

 

Quella dello chef Bottura è un’arte in tutti i sensi. Famosissimi ormai in tutto il mondo i suoi piatti dedicati ai più grandi dipinti e alle fotografie che hanno segnato ogni epoca.

E proprio come i più grandi artisti, inizialmente anche l’arte di Bottura lo renderà incompreso a molti. Eppure, le soddisfazioni non tarderanno ugualmente ad arrivare grazie alla sua passione, la grandissima pazienza e perseveranza che caratterizza il suo percorso.

Lo chef rivoluzionario

Se penso a Massimo Bottura, non posso che immaginarmi le immense rivoluzioni che ha portato nel campo della gastronomia italiana. Più che una scelta, il suo è stato un vero e proprio rischio: introdurre la cucina molecolare nella tradizione dei piatti tradizionali italiani.

La perplessità iniziale è stata tanta, eppure mai ci fu azzardo più azzeccato. Dal momento in cui lo chef Bottura introdusse la cucina molecolare creando una vera e propria fusion con la tradizione dei piatti italiani, la sua crescita è diventata inarrestabile. Di lì a poco la fama è stata inevitabile.

Queste scelte gli hanno portato non pochi problemi. Nel tempo, a causa di alcune indiscrezione sugli additivi chimici utilizzati per le tecniche di gastronomia molecolare, l’hanno visto a stretto contatto con i Nas.

Nonostante tutto, la fama di Bottura non è crollata e la sua arte, seppur spesso incompresa, ha continuato a incuriosire e conquistare migliaia di palati in giro per il mondo.

Nel 2016 l’Osteria Francescana viene premiata come il miglior ristorante al mondo secondo l’elenco americano dei “The world’s 50 best restaurants awards” e nello stesso anno conquista anche il premio di Gambero Rosso come “miglior ristorante d’Italia”.

Il 2016 risulta essere la miglior annata per lo chef Massimo Bottura, che con l’Osteria Francescana conquista anche il primo premio (con 20 punti su 20) della Guida L’Espresso Ristoranti.

Per lo chef stellato Massimo Bottura, i punti più importanti nel suo lavoro e per il raggiungimento del suo successo sono e sono stati:

  • Il team con cui condividere il sogno
  • Le radici da non dimenticare ma da contaminare con il nuovo
  • La capacità di introiettare la tradizione in modo critico.

L’investitura dell’indipendenza

Tutto si può dire, tranne che l’ascesa dello chef Bottura sia stata semplice. Gioie ma anche tanti dolori hanno caratterizzato il suo percorso. Soprattutto il rapporto sempre conflittuale con il padre, che l’avrebbe voluto erede della sua azienda petrolifera, realizzato in un progetto concreto. Perché la cucina ai suoi occhi era un sogno di gioventù con il quale non era possibile vivere.

Ed è molto toccante il modo in cui è lo stesso chef a parlare di un episodio in particolare, nel quale il padre gli strappò tutti gli appunti presi durante il viaggio a Montecarlo per apprendere le tecniche e i sapori della cucina francese.

Paradossalmente, quell’evento segnò Massimo in un modo inaspettato: gli permise di capire che l’apprendimento della cucina nel mondo era indispensabile per la sua attività come cuoco, ma che non avrebbe dovuto influenzare in alcun modo le scelte di quella che sarebbe stata la sua cucina.

Quell’atto di “distruzione”, aveva invece costruito una convinzione salda che dopo anni, ancora oggi, lo chef si porta dietro con grande orgoglio: un cuoco deve saper essere indipendente. Imparare ciò che c’è da imparare da chi ha fatto prima di lui e poi prendere il volo verso la propria dimensione gastronomica. Lo studio e gli appunti di viaggio devono rappresentare il mezzo tramite cui costruire qualcosa di proprio, non una palla al piede che rischia di confinare la propria visione della cucina.

E mi permetto di dire che lo chef Bottura ha ragione da vendere.

Il vero artista è colui che, una volta imparate regole e tecniche del mestiere, è capace di saperle infrangere.

Viva l’arte.

>>> Antonino Cannavacciuolo: chef verace

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